La Corte di Cassazione, con la sentenza n. 11786 del 5 maggio 2025, ha ribadito che se un immobile viene venduto entro cinque anni dall’acquisto e non è stato utilizzato come abitazione principale, la plusvalenza ottenuta è soggetta a tassazione IRPEF. Questo vale anche in assenza di un’intenzione esplicita di realizzare un guadagno.
Il caso è partito da un accertamento dell’Agenzia delle Entrate, che ha contestato a un contribuente il mancato pagamento delle imposte sulla plusvalenza derivante dalla vendita di un immobile, acquistato solo un anno prima a un prezzo inferiore. L’Agenzia ha sostenuto che l’immobile non era stato adibito a residenza principale né dal venditore né dai suoi familiari.
Il riferimento normativo è l’art. 67, comma 1, lettera b) del TUIR, che considera imponibili le plusvalenze derivanti dalla vendita di immobili acquistati (o costruiti) da meno di cinque anni, salvo due eccezioni:
- se l’immobile è stato ricevuto in eredità;
- se è stato effettivamente utilizzato come abitazione principale dal proprietario o dai suoi familiari per la maggior parte del periodo tra acquisto e vendita.
In primo grado, il contribuente aveva ottenuto una decisione favorevole. Tuttavia, in appello ha avuto la peggio, e la Cassazione ha confermato il verdetto della Commissione tributaria regionale.
La residenza reale, non solo anagrafica
La Corte ha sottolineato che, ai fini fiscali, ciò che conta è l’utilizzo concreto dell’immobile come dimora abituale, e non la semplice iscrizione anagrafica. Dunque:
- è possibile dimostrare di aver vissuto stabilmente nell’immobile anche senza residenza ufficiale;
- l’Amministrazione può contestare l’effettivo utilizzo come abitazione principale, anche se risultava tale nei registri.
Vendita in meno di 5 anni = presunzione di speculazione
Secondo i giudici, la norma mira a contrastare le operazioni speculative. Per questo motivo, la legge presume automaticamente che la vendita di un immobile entro cinque anni dall’acquisto – se non adibito a prima casa – abbia finalità speculative, rendendo la plusvalenza tassabile.
Pertanto, non ha alcuna rilevanza se il venditore aveva o meno l’intenzione di ottenere un guadagno: ciò che conta è il dato oggettivo della vendita entro i cinque anni senza che l’immobile sia stato usato come abitazione principale.
Conclusione
La Cassazione ha confermato la correttezza della decisione della Commissione tributaria regionale, che aveva considerato determinanti:
- la breve distanza temporale tra acquisto e vendita;
- il versamento di un consistente acconto già al momento del preliminare.
Questi elementi sono stati ritenuti sufficienti per confermare la natura speculativa dell’operazione, con conseguente tassazione della plusvalenza secondo quanto previsto dalla legge.