di Ilaria Ercole
Come produrre in Sardegna birre artigianali di lunga durata, dai gusti originali e in modo ecosostenibile, possibilmente riutilizzando gli scarti? A queste domande sta trovando risposte, con nuove tecnologie, il progetto cluster Bi.Ar. studiato e promosso dall’agenzia regionale Sardegna in un’ottica di economia circolare. Vi aderiscono 34 imprese isolane, tra aziende agricole e birrifici, che hanno sottoposto le loro esigenze agli esperti della Porto Conte Ricerche di Alghero, dell’università di Sassari e della Sotacarbo di Carbonia.
Alla ricerca del gusto ‘sardo’. Il segreto sta nella scelta del malto. Così la prima fase del progetto Bi.Ar. si è concentrata sulla selezione di varietà locali di cereali e orzi adatti alla produzione dei malti. Sono proprio quelli isolani, aggiunti a quelli in commercio, che possono conferire alla birra un peculiare “gusto sardo”. Lo confermano le analisi qualitative e sensoriali affidate agli esperti della Porto Conte Ricerche, che hanno valutato colore, gusto, resa della schiuma, aderenza ai parametri di stile e gradimento tra i consumatori.
SHELF LIFE. Per garantire la freschezza delle birre artigianali nel tempo sono allo studio diverse tecniche: dal packaging attivo – come i tappi assorbitori di ossigeno – alle correzioni nelle tecnologie di trasformazione, fino all’analisi delle temperature di conservazione.
FRUIT BEER. Ad Alghero si lavora anche su questo stile birrario, per esaltare le biodiversità della Sardegna usando la frutta locale, anche quella meno apprezzata dai consumatori. La Porto Conte Ricerche studia gli aromi e le qualità dell’albicocca ‘busucciu’. Le produzioni pilota saranno poi testate dal punto di vista chimico e sensoriale.
PRODUZIONE SOSTENIBILE. Ogni anno i birrifici devono smaltire fino a 36 mila chili di trebbie, lo scarto più consistente nella produzione della birra. In genere vengono cedute agli allevatori o conferite in discarica con costi di smaltimento, ma se correttamente trattate le trebbie potrebbero diventare un fertilizzante adatto anche all’agricoltura biologica, come dimostrato dai microbiologi dell’università di Sassari. Non solo: questo scarto può essere trasformato in un bio-carburante capace di sostituire il Gpl impiegato per alimentare le caldaie indispensabili nel processo di produzione della birra.
La Sotacarbo, società regionale con sede a Carbonia, ha studiato e sta testando una caldaia a biomassa che abbatterebbe i costi energetici – oggi pari a oltre 0,35 euro a litro di birra prodotto – e quelli di smaltimento. Altro nodo è quello dei consumi idrici: per produrre un litro di birra, sono necessari 6 litri di acqua. Il dipartimento di agraria dell’università di Sassari ha elaborato un sistema per purificare biologicamente quella utilizzata durante la produzione e poterla così riutilizzare nei birrifici.
Fonte AGI