Primo Rapporto sulla Rigenerazione urbana

Primo Rapporto sulla Rigenerazione urbana

Un' opportunità da cogliere

Un quadro normativo chiaro e uniforme è fondamentale per attrarre
investimenti privati, vitali per mettere in piedi un ampio ventaglio di politiche di
riqualificazione in una fase di enorme difficoltà per le casse pubbliche, ma è
imprescindibile anche per evitare di incappare negli errori del passato. Si
pensi all’urbanistica contrattata, i cui rigurgiti sono ben presenti ancora oggi.
Un fenomeno diretta conseguenza della decisione da parte dello Stato
centrale di aumentare notevolmente le deleghe in materia di governo del
territorio agli enti locali, in particolare dopo l’elezione dei primi consigli
regionali a statuto ordinario del 1970.
Un poco alla volta, la politica del decentramento delle competenze si è
trasformata in una sorta di deregolamentazione complessiva di cui soprattutto
i Comuni sono stati allo stesso tempo artefici e vittime. Incapaci di dare
risposte tempestive ed efficaci alla crescita esponenziale della richiesta di
sistemazioni abitative a costi ragionevoli, gli amministratori delle città italiane
hanno spesso finito con il dare mano libera a un’iniziativa privata non di rado
mossa esclusivamente dalla logica della speculazione e del profitto. Il
soggetto pubblico, deputato a governare una materia così impattante per la
vita dei cittadini a tutti i livelli, ha di fatto smesso di essere un interlocutore
credibile dell’imprenditoria, finendo per autodelegittimarsi agli occhi della
collettività e per abdicare completamente al ruolo di controllo cui è preposto
dalla legge e dalla logica.
In reazione a tutto questo, però, cominciano a farsi strada nuove
consapevolezze: da una parte quella degli intellettuali e degli specialisti delle
politiche urbanistiche, consci che la rigenerazione dell’esistente, in particolare
delle periferie e delle aree più degradate, non è solo il tema da cui ripartire
ma intorno al quale sviluppare un vero e proprio circolo virtuoso; dall’altra
quella dei cittadini, sempre più orientati a scegliere realtà abitative
qualitativamente migliori e non più disposti a svenarsi per abitare alle estreme
propaggini di una città. Anche perché, in molti casi, l’attrattiva occupazionale
o formativa dei grandi centri urbani è venuta meno o si è assai ridotta,
segnando il passo rispetto a realtà di dimensioni più contenute ma di maggior
dinamismo. Ecco che la necessità di agire su quanto edificato in modo
disordinato o addirittura scellerato non può essere più procrastinata. Lo
studio che segue mira in particolare a fornire una stima quantitativa del
patrimonio urbanistico italiano su cui si potrebbe intervenire e dell’indotto
economico, pubblico e privato, generato da tali attività. Iniziare subito non
sarebbe una cattiva idea.

DATI NAZIONALI E NOTA METODOLOGICA

Il potenziale indotto economico di una estesa e capillare campagna di
rigenerazione urbana del territorio italiano è stimabile in circa 328 miliardi di
euro: per la precisione 327.986.751.765, cifra che si ricava dalla somma del
valore delle opere da realizzare, pari a 310.537.447.415 euro, e degli oneri
concessori da corrispondere alla pubblica amministrazione, quantificabili in
17.449.304.350 euro. Il dato complessivo rappresenta poco meno del 17% del
Prodotto Interno Lordo dello Stato, secondo i dati ufficiali del 2017.
Per determinare i numeri di cui sopra, si è proceduto innanzitutto a
considerare scopi e obiettivi della rigenerazione urbana: su tutti il contenimento
del consumo di suolo e l’intervento sul patrimonio edilizio esistente in regime di
trasformazione (compresa demolizione e costruzione con premialità di cubatura
secondo le prescrizioni di legge), recupero e riqualificazione di aree dismesse,
di edifici abbandonati o inutilizzati, efficace riutilizzo dei vuoti urbani. Si è
ovviamente cercato di tenere conto il più fedelmente possibile delle specificità
territoriali e delle normative delle singole realtà di cui si è stimata la portata degli
interventi.
Ad esempio, per Roma si è presa in considerazione la superficie
urbanizzata della città, distinguendola tra aree all’interno del Grande Raccordo
Anulare e aree esterne ad esso, applicando le quote di rigenerazione urbana
previste dalle normative vigenti e dai piani di recupero già programmati o in fase
di realizzazione. Scendendo nello specifico delle cifre, per il costo di
costruzione si è preso il valore di 430,45 euro riportato negli aggiornamenti
Istat; l’incasso effettivo per l’amministrazione comunale in termini di oneri
concessori è stato considerato pari al 10% in ottemperanza alla Legge 10 del
1977; le urbanizzazioni, invece, sono state calcolate sul valore medio
riscontrabile dalle delibere di Roma Capitale che riguardano le diverse realtà
cittadine.

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