Sembra un ottimo affare. Secondo il governo Conte, Aspi diventerà una “public company”, vale a dire una società ad azionariato diffuso. Gli ingressi nel suo capitale saranno di soggetti graditi alla CDP, che dovrebbe salire al 51%.
Autostrade per l’Italia, di fatto, verrà nazionalizzata, con soggetti istituzionali e individuali a detenere solamente una quota di minoranza. Ma ieri, il titolo Atlantia segnava fino a oltre il 25%, segnalando come i termini dell’accordo sarebbero tutt’altro che punitivi nei confronti della famiglia Benetton. Ma andiamo per ordine.
Atlantia progressivamente perderà il controllo di Aspi, anche se i tempi non si preannunciano affatto brevi. E il fattore temporale si rivelerà determinante, in quanto l’eventuale caduta di questo governo nei prossimi mesi rimescolerebbe le carte. Ad oggi, solo il Movimento 5 Stelle si è speso per una linea oltranzista pro-revoca, mentre PD e Italia Viva sono per la prudenza e le stesse opposizioni vorrebbero che si rispettassero i termini delle concessioni per addivenire a una soluzione che non comporti aggravi a carico dello stato.
Ma c’è di più. Il fatto che Atlantia perda Aspi le consente per contro di non rimanere invischiata in cause per maxi-risarcimenti, mentre potrà liberarsi pian piano delle quote, cedendole alla stessa CDP e ad altri soggetti privati, finendo per incassare una fortuna plurimiliardaria, che verosimilmente utilizzerà per investire altrove, in Italia o all’estero. Vero, Aspi è stata una gallina dalle uova d’oro per i Benetton e nei fatti il mercato ha scontato il venir meno di questo scenario roseo, tant’è che le azioni Atlantia hanno perso circa il 45% dalla tragedia. Il rimbalzo di ieri, però, fa intendere che almeno sarebbe stato evitato lo scenario più temuto, quello della revoca con annesse sanzioni.