Con lo smart working si produce di più

Con lo smart working si produce di più

DA REMOTO PIU’ PRODUTTIVO IL 75% DEI LAVORATORI

di Alessandra Sabatino

Nonostante il suo impatto devastante sulla salute e sull’economia, il Covid è stato anche l’esperimento globale sul lavoro più grande di sempre. Una situazione senza precedenti, dove il 40% dei dipendenti ha dovuto lavorare da remoto e gli altri adeguarsi a una realtà di restrizioni e salvaguardia. Nei suoi studi più recenti dedicati al mondo del lavoro, Boston Consulting Group (Bcg), leader della consulenza strategica, con più di 90 uffici in 50 paesi e 21.000 professionisti, ha ricavato una costante: in questo contesto la produttività non è venuta meno.

Nello studio ‘What 12.000 employees have to say about the future of remote work’, condotto su 12mila dipendenti in tre Paesi (Usa, Germania e India), consultati prima e dopo lo scoppio della pandemia, una cospicua maggioranza ha dichiarato di avere mantenuto, se non accresciuto, i propri livelli di produttività. Il 75% lo ha riscontrato soprattutto nelle attività a carattere individuale, mentre per quelle collaborative il risultato scende al 51%. E’ il punto più delicato, oltre che rappresentare una sfida per i manager. Secondo l’analisi, i fattori cruciali per la produttività in ambiti collaborativi sono quattro: la connettività sociale, la salute mentale, quella fisica e gli strumenti di lavoro. Il 79% di chi ha espresso soddisfazione su questi fronti ha riscontrato ottimi risultati in termini di produttività.

Viceversa, solo il 16% di chi ha avuto problemi per due o tre dei fattori elencati ha mantenuto o accresciuto la produttività. E’ qui insomma che occorre lavorare di più per costruire un ambiente lavorativo ibrido, cioè il modello del futuro, dettato da una maggiore flessibilità nei tempi e nei luoghi (su questo il 60% dei lavoratori è favorevole), in cui i dipendenti passano dalla modalità onsite a quella da remoto senza intaccare i livelli di produttività. E dove lo spazio lavorativo viene ripensato