di Lorenzo Consoli
L’Unione nazionale consumatori ha condotto uno studio sulle spese di Natale, elaborando i dati Istat sulle vendite al dettaglio.
A dicembre tutti i gruppi di prodotti, salvo i giocattoli, pur segnando una crescita delle vendite rispetto a novembre, mostrano un flessione rispetto ai Natali precedenti.
Il crollo più indicativo del periodo difficile che si sta attraversando, è quello delle vendite alimentari, che a dicembre 2020 salgono del 13,4% sul mese precedente, ma registrano il minor incremento di sempre, dall’inizio delle serie storiche.
Il record positivo si è verificato nel Natale del 2004, quando le vendite alimentari a dicembre si alzarono, su base mensile, del 43,8%. Persino negli anni più bui della precedente crisi del 2008, il cibo tenne: +31,1% nel 2008, +33,6% nel 2009. Negli ultimi anni, invece, dal 2014 ad oggi, c’è stato un continuo calo: +26,6% (Natale 2014), +25,3% (2015), +23,7% (2016), +21,2 (2017), +19,2% (2018), +16,7% lo scorso anno, il precedente primato negativo.
E’ evidente che non potersi spostare liberamente dal proprio Comune e non poter fare il pranzo di Natale con tutti i propri cari, farà ridurre gli acquisti alimentari. Non ci sarà la solita paura che il cibo possa mancare.
Insomma, prenderemo quanto serve per rispettare la tradizione, ma senza stravaganze ed eccessi e, soprattutto, diminuendo in modo consistente le quantità. A contenere il crollo delle vendite casalinghe, il minor afflusso nei ristoranti, mentre le restrizioni in vigore su spostamenti e contatti sociali, determinerà minori regali, anche alimentari, dai panettoni ai cesti alimentari.