La definizione di ristrutturazione edilizia e le incertezze interpretative

La definizione di ristrutturazione edilizia e le incertezze interpretative

Il concetto di ristrutturazione edilizia continua a sollevare dubbi interpretativi, soprattutto quando gli interventi comprendono demolizione e ricostruzione con modifiche rilevanti.

Recentemente, il Consiglio di Giustizia Amministrativa per la Regione Siciliana ha stabilito che la demolizione di un edificio e la sua ricostruzione su un terreno diverso possono essere considerate come una forma di ristrutturazione edilizia, a condizione che vengano rispettate le capacità edificatorie del nuovo sito e le normative urbanistiche applicabili.

Il caso Milano e il rischio di abusi

Questo tema richiama il “caso Milano”, che riguarda le indagini sull’uso improprio della SCIA (Segnalazione Certificata di Inizio Attività) per interventi che, secondo le accuse, avrebbero dovuto essere considerati come nuove costruzioni piuttosto che ristrutturazioni. Questi eventi hanno portato alla creazione del ddl Salva Milano, che semplifica le procedure in aree urbanizzate ma solleva timori circa possibili sanatorie.

Necessità di chiarezza normativa

Le vicende sopra riportate evidenziano la necessità di una maggiore chiarezza normativa per distinguere tra ristrutturazione edilizia e nuova costruzione, garantendo così trasparenza e legalità nei progetti di trasformazione urbana.

Ricostruzione su un altro lotto: la sentenza del CGA Sicilia

Nel 2021, i proprietari di un immobile hanno richiesto un permesso di costruire per un intervento di ristrutturazione edilizia secondo l’art. 3, comma 1, lett. d) del DPR 380/2001. Il progetto prevedeva la demolizione di un edificio esistente e la sua ricostruzione su un terreno diverso, fisicamente e catastalmente distinto dal precedente, con il trasferimento della volumetria dell’immobile demolito.

Il Comune ha respinto la richiesta, sostenendo che l’intervento fosse una nuova costruzione e non una ristrutturazione. Il TAR Sicilia ha inizialmente accolto questa posizione con la sentenza n. 2409/2023. Tuttavia, il Consiglio di Giustizia Amministrativa (CGA) ha riformato la decisione, dichiarando l’intervento legittimo.

Interpretazione della ristrutturazione edilizia post-DL 76/2020

La questione centrale riguarda la definizione di “ristrutturazione edilizia” introdotta dalla legge di conversione del Decreto Semplificazioni (DL 76/2020, convertito in Legge 120/2020). Secondo tale normativa, rientrano nella ristrutturazione anche gli interventi di demolizione e ricostruzione che alterano sagoma, prospetti, sedime e caratteristiche volumetriche, a condizione che vengano rispettate specifiche normative come quelle antisismiche, di accessibilità, impianti e efficienza energetica.

Il TAR ha ritenuto che questa nuova definizione non giustificasse lo spostamento dell’edificio su un’area completamente diversa, in quanto ciò equivarrebbe al consumo di nuovo suolo e, quindi, a una nuova costruzione. Tuttavia, con la sentenza 422 del 3 giugno 2025, il CGA ha preso una posizione contraria, sottolineando che la demolizione e la successiva ricostruzione su un lotto diverso possono essere considerate ristrutturazione edilizia, purché vengano rispettate le condizioni previste dalla normativa.

Il concetto di “sedime” e la traslazione della volumetria

Secondo il CGA, il termine “sedime” non è da intendersi esclusivamente come la porzione originaria di terreno, ma si riferisce alla possibilità di trasferire la volumetria in un altro lotto, a condizione che:

  • sia demolito un edificio preesistente;
  • sia rispettata la capacità edificatoria del nuovo terreno;
  • le destinazioni urbanistiche siano omogenee;
  • la distanza tra i lotti rispetti i limiti previsti dai regolamenti locali.

Pertanto, secondo il CGA, la ristrutturazione edilizia post-2020 non implica più la necessità di una continuità fisica con l’edificio demolito. Il legislatore ha infatti cercato di superare questo vincolo, proponendo una nozione più flessibile che favorisca la rigenerazione urbana e la riqualificazione del patrimonio edilizio esistente.

Ristrutturazione vs nuova costruzione: la distinzione

La distinzione tra ristrutturazione e nuova costruzione si basa sull’idea di demolizione. Se l’intervento prevede la demolizione di un edificio esistente, si può considerare ristrutturazione, anche se l’edificio viene ricostruito su un terreno diverso. Se invece si costruisce da zero su un suolo non edificato, si tratta di nuova costruzione.

Il consumo di suolo non dipende solo dalla posizione fisica dell’edificio, ma dal bilanciamento urbanistico tra demolizione e ricostruzione. In tal senso, spostare il volume su un altro terreno edificabile, a fronte della demolizione dell’edificio originale, non comporta un consumo di nuovo suolo, ma rappresenta un riuso della cubatura esistente.

Le implicazioni della ristrutturazione su un altro lotto

La sentenza del CGA ha un’importanza significativa per gli operatori coinvolti nella rigenerazione urbana in aree ad alto vincolo, per i Comuni che devono valutare progetti innovativi di ricostruzione e per i professionisti che si occupano di interventi di demolizione e ricostruzione non “in situ”.

La decisione dei giudici, che permette la ristrutturazione edilizia anche su un sedime diverso, rispetta gli obiettivi del legislatore del 2020, orientato al recupero e alla riqualificazione del costruito. Tuttavia, è importante che vengano rispettate le condizioni urbanistiche e non si tratti di una nuova edificazione travestita da ristrutturazione.

Il caso Milano e la questione della semplificazione

La recente pronuncia del CGA per la Regione Siciliana offre una lettura più ampia della ristrutturazione edilizia, accettando la traslazione su un sedime diverso come parte del processo di ristrutturazione. Questo approccio si scontra però con la posizione più rigida adottata dalla Procura di Milano, che ha avviato indagini e sequestri, contestando interventi che avrebbero dovuto essere classificati come nuove costruzioni, in quanto comportavano aumenti volumetrici e modifiche sostanziali rispetto all’edificio originario.

Il ddl Salva Milano, approvato nel novembre 2024, cerca di semplificare le procedure per la demolizione e ricostruzione nelle aree già urbanizzate, ma ciò ha suscitato preoccupazioni riguardo alla possibilità di legittimare pratiche edilizie poco trasparenti.

Conclusione: la necessità di una riforma chiara

Le due vicende mettono in evidenza una fase di transizione normativa nel settore edilizio italiano, dove da un lato si cerca di incentivare la rigenerazione urbana, dall’altro si teme che la semplificazione possa portare a deregolamentazioni dannose. La sentenza del CGA potrebbe costituire un importante precedente giuridico, ma è necessaria una riforma organica che definisca chiaramente il confine tra ristrutturazione e nuova costruzione, superando le interpretazioni divergenti e creando un quadro normativo più preciso.