Secondo il Wall Street Journal la Repubblica islamica ha condannato il paese alla stagnazione economica e culturale.
“Dopo la Cina, l’Iran è il luogo in cui il coronavirus ha avuto l’impatto maggiore”, scrive Robert D. Kaplan sul Wall Street Journal: “Le autorità hanno confermato che almeno 54 persone, tra cui un ex ambasciatore 81enne, sono morte a causa dell’epidemia. Il numero reale di vittime potrebbe essere molto più alto. L’edizione persiana della Bbc ha contato 210 vittime negli ospedali. Sette importanti uomini di stato hanno contratto la malattia, tra cui la vice presidente Masoumeh Ebtekar, che da giovane è stata la portavoce del gruppo terroristico che ha tenuto in ostaggio i funzionari dell’ambasciata americana a Teheran.
Il viceministro della Salute Iraj Harirchi sudava il 24 febbraio mentre rassicurava i cittadini che l’epidemia era sotto controllo. Il giorno dopo ha annunciato di avere contratto anche lui la malattia. Il presidente Hassan Rouhani ha insistito nel sostenere che l’epidemia non è altro che ‘uno dei complotti orditi dal nemico’. Nel frattempo, i cittadini hanno reagito con grande apatia. L’affluenza nelle elezioni parlamentari di febbraio è stata del 25 per cento a livello nazionale e del 43 a Teheran, i numeri più bassi nella storia della Repubblica islamica”.