Il blocco sfratti di fatto è una requisizione delle case private

Il blocco sfratti di fatto è una requisizione delle case private

di Giovanna Arcuati

Dal marzo scorso, per effetto di diverse leggi, è in atto una requisizione di fatto di una parte degli immobili privati. Si è stabilito, infatti, che fino al prossimo 31 dicembre (terza proroga in pochi mesi) non debbano essere attuati i provvedimenti dei giudici che hanno ordinato di restituire ai proprietari gli immobili oggetto di affitti giunti a conclusione (per lo scadere del termine di durata del contratto o per il mancato pagamento dei canoni).

Tecnicamente si chiama “sospensione dell’esecuzione dei provvedimenti di rilascio degli immobili”, ma la misura è più nota come blocco degli sfratti. La profonda iniquità di questa disposizione, che riguarda tutte le tipologie di immobili, abitativi e no, è evidente a chiunque guardi al tema con obiettività.
Lo scopo con il quale viene giustificata, proteggere i cittadini più vulnerabili nel periodo della pandemia, è fallace. Nel 2020, considerare ancora gli inquilini, per definizione, la parte debole del rapporto di locazione, è un anacronismo.

Chi non ne fosse convinto consulti la pagina del sito Internet di Confedilizia significativamente intitolata “Lettere dalle vittime del blocco sfratti” e troverà tante storie di famiglie ridotte in miseria per effetto della sospensione delle esecuzioni, oltre che delle ordinarie lentezze della giustizia. Si capisce come gli sfratti bloccati riguardano per lo più situazioni che nulla hanno a che fare con il Covid e molto risalenti nel tempo.
In ogni caso, anche nelle realtà in cui vi è una difficoltà dell’inquilino, è il sistema pubblico che deve farsi carico del problema, non un altro privato su imposizione dello Stato. Ma se, solo a Milano, ci sono 10.000 case popolari vuote, è chiaro che si preferisca scaricare il problema sui proprietari.

Proviamo a farci una domanda. Qualcuno troverebbe ragionevole imporre ai commercianti di regalare le loro merci ai bisognosi? No, tutti riterrebbero assurdo un provvedimento di questo tipo. Obbligare un proprietario a mettere a disposizione gratuitamente il suo immobile, invece, viene considerato possibile.

La realtà dunque, è questa: immobili requisiti da dieci mesi, nessun risarcimento da parte dello Stato e in più – per infierire – obbligo di pagare l’Imu e, in molti casi, persino l’Irpef sul reddito che non c’è. Il tutto, con effetti disastrosi sul mercato immobiliare e conseguenze negative sugli stessi inquilini, visto che la prima reazione dei proprietari è quella di giurare a sé stessi: mai più affitti, oppure solo brevi, quando torneranno i turisti.