Farrell-MCnamara. E il volto umano dell'architettura

Farrell-MCnamara. E il volto umano dell'architettura

«Ciò che ci interessa è andare oltre ciò che è visibile, enfatizzando il ruolo
dell’architettura nella coreografia della vita quotidiana. Il suo ruolo,
infatti, è di offrire un riparo ai nostri corpi e di elevare i nostri spiriti.
La bella parete di un edificio che costeggia la strada dona piacere ai passanti, anche se non vi entreranno mai.
Lo stesso piacere lo offre la vista di una corte attraverso un portale ad arco o un luogo nel quale trovare un punto di sosta per godere di un po’ di ombra o una nicchia che offre riparo dal vento o dalla pioggia». Parole di Yvonne Farrell e Shelley Mcnamara, scelte come curatrici della sedicesima Mostra Internazionale di architettura della Biennale di Venezia, in programma dal 26 maggio al 25 novembre. Entrambe nate nell’Irlanda più profonda, vivono e insegnano a Dublino. Lavorano insieme da oltre quarant’anni e il sodalizio si è rivelato decisamente azzeccato: lo studio Grafton Architects, da loro fondato nel 1977, ha prodotto eccellenze internazionali come il progetto del nuovo Campus UTEC dell’Università di Lima, con cui si sono aggiudicate il Leone d’Argento alla Biennale Architettura 2012, e il nuovo edificio dell’Università Bocconi di Milano, che è valso loro il World Building of the Year nel 2008.
«Le curatrici – ha spiegato Paolo Baratta, presidente della Biennale – sono note per la raffinatezza del loro lavoro, ma sono conosciute anche per una intensa attività pedagogica e per la loro capacità di coinvolgere e appassionare le nuove generazioni. Volevamo qualcuno che fosse in grado
di proseguire il lavoro iniziato con la mostra di Alejandro Aravena, che
aveva offerto ai visitatori un esame critico dell’evoluzione dell’architettura
nel mondo e sottolineato l’importanza che una qualificata domanda
da parte dei singoli e delle comunità incontri un’altrettanto efficace risposta, confermando così il fatto che l’architettura fa parte degli strumenti
della società civile per organizzare lo spazio in cui vive e opera.
Su questa linea Yvonne Farrell e Shelley McNamara riprenderanno
lo stesso tema da un altro punto di vista volgendo attenzione alla qualità
dello spazio pubblico e privato, dello spazio urbano, del territorio e
del paesaggio quali riferimenti principali e finalità della stessa architettura”.
Nelle intenzioni delle curatrici, la Biennale 2018 presenterà al pubblico esempi, proposte, elementi di opere che esemplificano le qualità essenziali dell’architettura: la modulazione, la ricchezza e la materialità delle superfici, l’orchestrazione e la disposizione in sequenza del movimento, rivelando le potenzialità e la bellezza insite in questa arte. La mostra si ripromette di avere una presenza spaziale e fisica su una scala e con caratteristiche tali da suscitare un forte impatto sul visitatore, comunicando la complessa natura spaziale dell’architettura. Farrell e Mc- Namara hanno voluto spiegare nel dettaglio la scelta del titolo Freespace per questo evento: «Vogliamo celebrare gli esempi di generosità e di sollecitudine nell’architettura in tutto il mondo. Siamo convinte che queste qualità sostengano la capacità fondamentale dell’architettura di promuovere e supportare l’importante contatto che sussiste tra le persone e lo spazio. Concentriamo la nostra attenzione su queste qualità perché pensiamo che l’ottimismo e la continuità ne siano parte costitutiva. L’architettura che incarna queste qualità con generosità e desiderio di scambio è proprio ciò che chiamiamo Freespace.
Un concetto che abbraccia la libertà di immaginare lo spazio libero di tempo e memoria, collegando passato, presente e futuro, costruendo sulle stratificazioni della nostra eredità culturale, legando l’arcaico e il contemporaneo. Freespace rappresenta la generosità di spirito e il senso di umanità che l’architettura colloca al centro della propria agenda concentrando l’attenzione sulla qualità stessa dello spazio».
Tanti e ambiziosi gli obiettivi che il duo irlandese ha individuato per i sei mesi dell’evento: «Focalizzarsi sulla capacità dell’architettura di offrire in dono spazi liberi e supplementari a coloro che ne fanno uso, nonché sulla sua capacità di rivolgersi ai desideri inespressi dell’estraneo. Celebrare l’abilità dell’architettura di trovare una nuova e inattesa generosità in ogni progetto, anche nelle condizioni più private, difensive, esclusive o commercialmente limitate. Enfatizzare i doni gratuiti della natura come la luce del sole, quella lunare, l’aria, la forza di gravità, i materiali, le risorse naturali e artificiali. Riesaminare il nostro modo di pensare, stimolando nuovi modi di vedere il mondo e di inventare soluzioni in cui l’architettura provvede al benessere e alla dignità di ogni abitante di questo fragile pianeta».
Centrale, come in tutti i lavori firmati da Farrell e McNamara, il rapporto che si instaurerà tra l’esposizione e i visitatori, destinato a non rimanere confinato alla sola giornata di visita ma a durare nel tempo: «Tra le persone e gli edifici avviene uno scambio, anche se non intenzionale o non progettato, pertanto anche molto dopo l’uscita di scena dell’architetto gli edifici stessi trovano nuove modalità di condivisione, coinvolgendo le persone nel corso del tempo. L’architettura ha una vita attiva e al contempo passiva. Freespace può essere uno spazio di opportunità, uno spazio democratico, non programmato e libero per utilizzi
non ancora definiti».

Send a Comment

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *